top of page

2024.02.13 Osservazioni alla bozza proposta dai consulenti del giudice

  • mariofornasari
  • 8 mar 2024
  • Tempo di lettura: 7 min

ree

Le precisazioni e le osservazioni presentate dai consulenti che mi assistono come parte lesa




Dr.ssa Chiara Riviello Dr. Luciano Isa

Spec. Ginecologia e Ostetricia Medicina Legale Spec. Oncologia medica e Medicina Interna




EGREGI CCTTU Dr. Matteo Tudini Dr. Giorgio Cruciani



Presa visione della bozza di CTU, riportiamo qui di seguito le nostre osservazioni:

  • -  riteniamo sia stata adeguatamente analizzato dai CCTTU, in accordo con tutte le linee guida vigenti, la netta incongruità comportamentale consistita nella asportazione dell’utero tramite morcellazione e risulta ampiamente condivisibile l’affermazione secondo la quale in una situazione di probabilità di neoformazione maligna, l’utero deve essere sempre asportato en bloc, eventualmente mediante endobag. Preme in tale contesto sottolineare, che la patologia di cui era affetta la Sig.ra Marcigliano era stata definita “una neoformazione di ndd in menopausa”; una massa non sicuramente benigna, per la quale i rischi di malignità erano concreti, come dimostra la celerità con cui è stato eseguito l’intervento (entro 1 mese).

  • -  Chiediamo ai CTU di rispondere al quesito 3, nel quale è richiesto se il consenso informato prestato dalla paziente risultasse completo, corretto e rilevante in relazione al trattamento praticato. A nostro avviso, infatti, per quanto il consenso come modulo cartaceo sia formalmente corretto, non si può dire che lo sia stato in relazione all’intervento eseguito, infatti in esso si legge che la tecnica operatoria sarebbe consistita in laparoscopia operativa, isterectomia totale, annessiectomia bilaterale, lisi di aderenze, eventuale chirurgia sul tratto gastrointestinale e sulle vie urinarie (terminologia che implica un coinvolgimento della massa estesa all’addome e che corrobora il sospetto di malignità) e viene menzionata l’eventuale laparotomia, tecnica che sarebbe stata ottimale proprio nel caso della Sig.ra Marcigliano, in quanto avrebbe permesso l’asportazione dell’utero aumentato di volume en bloc.


Nessun cenno viene posto alla tecnica di morcellazione per via vaginale come metodo di asportazione dell’utero. Per completare il tema informativo (o meglio disinformativo) si deve anche ricordare che la sig.ra Marcigliano non ha mai saputo che l’utero fu rimosso tramite morcellazione, perché non le fu mai comunicato.

Per tale motivo si ritiene che si debba rispondere al quesito 3 del Giudice in senso negativo, e cioè che il consenso informato non era assolutamente adeguato in relazione al trattamento praticato.

  • -  Per quanto concerne la tempistica della refertazione istologica, si chiede ai CCTTU di approfondire quali siano state le difficoltà interpretative delle caratteristiche istologiche, difficoltà aggiuntive rispetto alla prassi di seconda valutazione presso il Centro Ultraspecialistico e che il tempo intercorso è comunque abnorme anche per fare una seconda valutazione. Peraltro, l’aspetto macroscopico dell’utero, giunto all’anatomo patologo impropriamente lacerato, avrebbe dovuto allertare già i sanitari per una difformità dall’abituale aspetto macroscopico riscontrabile, al taglio, nelle formazioni benigne miofibromatose che non prevede la presenza di materiale gelatinoso e grigiastro. I miofibromi uterini hanno una caratteristica consistenza fibrosa e compatta, da cui presumibilmente deriva il termine clinico "fibroma" e una tipica superficie di taglio biancastra.(1)

  • -  I sottoscritti non concordano con quanto riportato in bozza circa la presunta correttezza della condotta del periodo post operatorio, fino al decesso della paziente, e in particolar modo ci riferiamo al ricorso alla chemioterapia che è avvenuta con colpevole ritardo, rispetto all’intervento chirurgico vanificando i concetti, a fondamento della cultura oncologica, per la finalità perseguibile per i trattamenti adiuvanti che manifestano la loro efficacia, in analogia ad altri tumori allorché questi siano attivati prima possibile a guarigione della ferita chirurgica. Tale ritardo è anche aggravato dal fatto che la paziente non era stata minimamente informata delle modalità con cui fu rimosso l’utero e quindi non

  • (1 ) Crow J. Pathology of uterine fibroids. Baillière’s Clinical Obstetrics and Gynaecology 1998; 12, (2): 197-211


ha potuto ricorrere a tecniche aggiuntive come ad esempio un second look chirurgico previsto dalla letteratura, oppure una anticipazione della chemioterapia che doveva essere fatta entro brevissimo tempo dalla risposta istologica.

  • -  Se da una parte si può obiettare che la chemioterapia non è la prima scelta nei tumori sarcomatosi, d’altra parte si deve dire che, se questa è stata fatta nonostante che la paziente fosse ad un primo stadio, vuol dire che se fosse stata iniziata in maniera più tempestiva possibile, sicuramente si sarebbero avuti dei risultati migliori rispetto a quelli ottenuti. Le conoscenze a questo proposito sono patrimonio di studi messi a punto dai Ricercatori clinici italiani facenti capoall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dello IEO i quali sono stati in grado di dimostrare in una casistica di 109 pazienti, operati per leiomiosarcoma in stadio I, di età media 50 anni, in analogia al caso di specie, una sopravvivenza libera da ripresa di malattia (DFS) di 41,3 mesi se sottoposti a trattamento a base di antracicline(2) (il trattamento poi applicato nella paziente ma, a nostro avviso, tardivamente intrapreso). Occorrerà ricordare che la sig.ra Marcigliano già dopo 20 mesi dalla chirurgia ebbe la ripresa del tumore a livello addominale e che, dopo 34 mesi ella giunse a morte attraversando una lunga fase di lucida agonia. È ben noto il fatto che in questo genere di sarcomi l’impatto della chemioterapia si ripercuota in modo scarsamente signifiucativo sulla sopravvivenza globale, tuttavia, le considerazioni sulla strategia adiuvante utilizzabile, se virtuosamente condotta secondo lo stato dell’arte, si sostanziano per un differimento della ripresa della malattia e dunque si dilazioni nel tempo la sofferenza fisica e il mantenimento di una buona qualità di vita.

  • -  Concordiamo con i CCTTU circa l’affermazione per cui la tecnica di morcellazione aumenta notevolmente il rischio di disseminazione intraddominale di frammenti della massa asportata e di recidiva nei casi di   leiomioma uterino, e apprezziamo e concordiamo anche sull’affermazione per la quale la tecnica di morcellazione abbia determinato la recidiva pelvica a distanza di 20 mesi dall’intervento (2) Fucà G et al. Anthracycline-based and gemcitabine-based chemotherapy in the adjuvant setting for stage I uterine leiomyosarcoma: a retrospective analysis at two reference centers. . Clin Sarcoma Res 2020; 10:17



  • -  Per quanto riguarda il quesito al punto 4, si ritiene anche qui di dover invitare i consulenti ad esprimersi affermando che l’isterectomia per via laparoscopica completata da una minilaparotomia per asportare l’utero en bloc, non presenta e non presentava in quel caso particolari difficoltà tecniche: in assenza di aderenze o diffusione pelvica della malattia tumorale (come nella fattispecie, proprio in virtù dell’iniziale stadio del tumore) l’isolamento dell’utero e la sua asportazione rientrano nelle normali competenze di una equipe chirurgica. Se l’utero, una volta liberato dai suoi punti di ancoraggio per via laparoscopica, fosse stato estratto in mini laparotomia come previsto dal consenso informato, l’intervento si sarebbe concluso senza alcuna difficoltà ulteriore, anzi sarebbe stato più molto semplice, veloce e soprattutto sicuro rispetto all’asportazione con morcellazione, a fronte di un taglio sovrapubico di 4-5 cm, assolutamente irrilevante ai fini della guarigione (men che meno estetici).


  • -  Anche in merito al quesito n.5 si ravvisa la necessità di una risposta che, possibilmente, tenga in debito conto il fatto che l'errore terapeutico commesso dai medici non ha causato una morte immediata della paziente bensì ne ha anticipato il decesso, avvenuto dopo due anni e dieci mesi dall'intervento e, nel contempo, ne ha fortemente diminuito la qualità della vita residua. Il nesso causale tra l'errore e il suddetto evento è provato, seguendo il criterio del “più probabile che non”, dai dati già riportati nei documenti del ricorso e, in parte, anche nella bozza di perizia in argomento.

  • -  Quanto al punto 6, preme anche in questo caso sottolineare che si sia trattato di imprudenza e imperizia nell’eseguire un intervento chirurgico non adatto al caso di specie e che il danno, in termini di progressione tumorale, non è stato tanto associato, come spesso accade nella patologia neoplastica, ad un ritardo diagnostico, ma ad un errore tecnico esecutivo che ha accelerato la disseminazione neoplastica in accordo con tutta la letteratura citata dai sottoscritti e dai CCTTU, letteratura per altro, curiosamente, ripresa ma in palese modo contraddittorio, anche dalle note dei resistenti. È, infatti, ormai accertato che nei casi di morcellazione (e la letteratura non distingua power o lama fredda) il rischio di morte è 3 volte superiore a un’assenza di morcellazione stessa.



- Si dissente, infine, dalla conclusione della bozza peritale in merito alla seguente affermazione: “In conclusione, nel caso della signora Marcigliano la morcellazione dell’utero, anche se effettuata per via vaginale, ha probabilmente determinato, sulla base dei dati di letteratura, una perdita di chance (in termini di sopravvivenza o quantomeno di riduzione della durata della vita legata ad un’aumentata probabilità di recidiva locale, come in effetti verificatasi) stimabile, in via orientativa, con una percentuale compresa nel range del 20- 30%”.

Si deve, infatti, evidenziare che in base alla giurisprudenza di legittimità consolidata, nel caso di specie, non può trattarsi di perdita di chance bensì di riduzione della durata della vita.In detta giurisprudenza, infatti, viene effettuata una pregevole e approfondita disamina sul nesso causale tra condotta ed evento nonché sulla differenza tra chance perduta e diverso evento di danno. In particolare si precisa che: “Qualora l'evento di danno sia costituito non da una possibilità - sinonimo di incertezza del risultato sperato - ma dal (mancato) risultato stesso (nel caso di specie, la perdita anticipata della vita) non è lecito discorrere di chance perduta, bensì di altro e diverso evento di danno, senza che l'equivoco lessicale costituito, in tal caso, dalla sua ricostruzione in termini di “possibilità” possa indurre a conclusioni diverse”.



Si aggiunge, poi, che, “Applicando tale criterio alla responsabilità sanitaria in ambito oncologico – quale quella di specie -, possono pertanto formularsi le seguenti ipotesi:

a)...

b) La condotta colpevole ha cagionato non la morte del paziente (che si sarebbe comunque verificata) bensì una significativa riduzione della durata della sua vita ed una peggiore qualità della stessa per tutta la sua durata. In tal caso il sanitario sarà chiamato a rispondere dell'evento di danno costituito dalla minor durata della via e dalla sua peggiore qualità, senza che tale danno integri una fattispecie di perdita di chance – senza, cioè che l'equivoco lessicale costituito dal sintagma “possibilità di una vita più lunga e di qualità migliore” incida sulla qualificazione dell'evento, caratterizzato non dalla “possibilità di un risultato migliore” bensì dalla certezza (o rilevante probabilità) di aver vissuto meno a lungo, patendo maggiori sofferenze fisiche e spirituali.

c)...

d)...

e). La condotta colpevole del sanitario ha avuto, come conseguenza, un evento di danno incerto: le conclusioni della CTU risultano, cioè, espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all'eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze, ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cure del tempo.Tale possibilità - i.e. tale incertezza eventistica (la sola che consenta di discorrere legittimamente di chance perduta) - sarà risarcibile equitativamente, alla luce di tutte le circostanze del caso, come possibilità-perduta – se provato il nesso causale (certo ovvero “ più probabile che non”), tra la condotta e l'evento incerto (la possibilità perduta) nella sua necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza”.


In definitiva, quindi, per l'intervento errato dei medici chirurghi, l'azienda sanitaria deve rispondere “dell'evento di danno costituito dalla minor durata della via e dalla sua peggiore qualità”.Come risulta dalla bozza, secondo fonti di studio, la sopravvivenza da sarcoma non morcellato era stimata in 82,1 mesi (circa 7 anni) mentre se morcellato in 47,8 mesi (circa 4 anni). La signora Marciliano, invece, è deceduta solo dopo 2 anni e 10 mesi e quindi addirittura molto prima dei 4 anni citati.



ree

 
 

Giustizia per Elisabetta

©2024 by Giustizia per Elisabetta. Creato con Wix.com

bottom of page