2023.07.10 Memoria dell'azienda ospedaliera universitaria
- mariofornasari
- 5 gen 2024
- Tempo di lettura: 23 min
Non vi è un solo accenno al fatto che non siano stati consegnati i fogli originali sostituiti nella cartella clinica, così come più volte richiesti, oppure che il filmato non copra il tempo complessivo dell'intervento e manchi esattamente della parte contestata. Non sono citate linee guida possano giustificare e confortare la tecnica di intervento
Maldestra e quasi offensiva l'allusione che nelle famiglie esistano dissidi o anche odio

TRIBUNALE DI FERRARA RG. 1196/23 - Giudice dott.ssa Cocca – ud. 20.7.2023 COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTAdella AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA DI FERRARA – ARCISPEDALE S. ANNA, con sede corrente in Ferrara, loc. Cona, via Aldo Moro n. 8, in persona del suo Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore, (...), rappresentata e difesa per procura speciale in calce al presente atto dall’avv. Manuela Uberti del Foro di Ferrara (...) e dall’avv. Paolo Salvini del Foro di Torino (...), i quali dichiarano di voler ricevere tutte le comunicazioni di Cancelleria ex art. 136 cpc ed ex art. 51 D.L. 112/2008 presso la Casella di Posta Elettronica Certificata del Processo Telematico di cui all’art. 11 D.M. 17.7.2008, o agli indirizzi di P.E.C. (...) od al numero di fax (...)
RESISTENTE
NEL PROCEDIMENTO PROMOSSOdal sig. Mario Fornasari (...), residente in Ferrara, (...) in proprio e quale erede della Sig.ra Elisabetta Marcigliano, nata a Ferrara il 25/7/1965 e ivi deceduta il 20/7/2021, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Carlo Berti (...) e dall’Avv. Giulia Caruso (...) ed elettivamente domiciliato presso il
primo, nel suo Studio in Bologna, (...)
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RICORRENTE
Con ricorso ex art. 696 bis cpc il sig. Mario Fornasari, in proprio e quale erede della Sig.ra Elisabetta Marcigliano, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Carlo Berti e dall’Avv. Giulia Caruso, ha promosso il presente procedimento nei confronti dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara - Arcispedale Sant’Anna in persona del suo legale rappresentante pro tempore, chiedendo all’Ill.mo Tribunale:
“- disporre, ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., previa fissazione dell’udienza di
comparizione delle parti, Consulenza Tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, che, esaminati gli atti e i documenti depositati agli atti del presente procedimento, e quelli ulteriori occorrendi, eventualmente acquisiti anche presso terzi, ed effettuati tutti gli opportuni e dovuti accertamenti ed acquisita ogni dovuta informazione, anche presso terzi, sia volta a:
- accertare, in capo alla Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, in persona del suo legale rappresentate pro tempore, gli illeciti e gli inadempimenti meglio descritti in narrativa e le conseguenti responsabilità, dirette e vicarie, anche ai sensi dell’art. 7 L. n. 24/2017, nonché degli artt. 1218, 1228, 2229 e ss, 2043, 2049, 2050 e 2059 c.c.; 185 e 589, co. 3 c.p.c.,
- accertare, descrivere e quantificare i danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, anche ex artt. 1223, 2056 e 2059 c.c. e 185 c.p., patiti e patiendi dal Sig. Mario Fornasari, iure proprio e iure hereditatis, in conseguenza dei fatti meglio descritti in narrativa, oltre interessi, rivalutazione monetaria e maggior danno, dal dì del dovuto al saldo.”
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Il procedimento, rubricato al numero di R.G. 1196/2023, è stato assegnato al Giudice dott.ssa Marianna Cocca la quale, con provvedimento del 18.5.2023, ha fissato per la comparizione delle parti l’udienza del 20.7.2023 ore 11, assegnando al ricorrente termine fino a trenta giorni prima di detta udienza per notificare il ricorso ed il provvedimento alla controparte e a quest’ultima ulteriore termine fino a dieci giorni prima di detta udienza per eventuali chiamate di terzi, mediante notifica del ricorso introduttivo, del decreto e della memoria di costituzione contenente l’atto di chiamata in causa.
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La Resistente Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, in persona del suo Commissario straordinario e legale rappresentante pro tempore, sicostituisce in giudizio con l’avv. Paolo Salvini del Foro di Torino e l’avv. Manuela Uberti del Foro di Ferrara, per procura speciale in calce al presente atto.
Contesta integralmente gli assunti, le deduzioni e le pretese del Ricorrente e
riserva all’eventuale fase di merito ogni eccezione pregiudiziale e preliminare, nonché ogni compiuta difesa nel merito.Sin d’ora, peraltro, espone quanto segue.
I Le allegazioni di parte Ricorrente
Il Ricorrente rappresenta la vicenda clinica del coniuge sig.ra Elisabetta Marcigliano, nata a Ferrara il 25/7/1965, a far data dal 15.8.2018, allorché faceva ingresso presso il Servizio di Ginecologia d’Urgenza dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara lamentando la persistenza, da almeno due giorni, di dolori addomino-pelvici resistenti ai comuni analgesici, sino al decesso, avvenuto in data 20.7.2021.
Il Ricorrente quanto agli specifici inadempimenti contestati ai Sanitari della Resistente, sulla scorta della relazione dei propri Consulenti di parte, allega i seguenti profili di responsabilità:1. omessa diagnosi preoperatoria;
2. incongruità della tecnica operatoria prescelta e temerarietà dell’intervento chirurgico eseguito;3. incongruità e omissioni dell’iter successivo all’intervento chirurgico.Inoltre, il Ricorrente afferma la sussistenza dl nesso di causa tra le condotte commissive ed omissive dei Sanitari della Resistente ed il decesso della sig.ra Marcigliano e/o comunque la significativa riduzione della durata e della qualità della sua vita residua.
In particolare, il Ricorrente afferma che se la condotta dei sanitari fosse stata corretta la Sig.ra Marcigliano avrebbe avuto il 75% di probabilità di sopravvivenza oltre i 5 anni (che invece si sono concretizzate in 0% a 5 anni a causa della condotta dei sanitari) o, comunque, avrebbe potuto affrontare la malattia senza le inaudite sofferenze cagionatele dalla condotta dei sanitari.
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Per quanto attiene il quantum debeatur, il Ricorrente da atto di agire per ottenere il risarcimento dei danni iure hereditatis (danno morale terminale, danno biologico morale e danno da lesione del diritto all’autodeterminazione) e iure proprio da perdita del rapporto parentale,
oltre ai danni patrimoniali (spese sanitarie e per consulenze di parte, oltre alla perdita delle contribuzioni economiche che il coniuge avrebbe assicurato alle esigenze famigliari).
II
Le difese della ResistenteRisarcimento dei danni iure proprio - Regole sulla responsabilità extracontrattuale
La Resistente contesta integralmente ogni avversa deduzione, allegazione e difesa, così in fatto come in diritto, onde nulla possa aversi ammesso, e afferma che nella fattispecie si debbano applicare le regole della responsabilità extracontrattuale al risarcimento dei danni iure proprio che vengono richiesti nel presente giudizio (ed alle conseguenti domande giudiziarie).Non sono infatti applicabili le regole della responsabilità contrattuale perché il rapporto contrattuale si sarebbe instaurato, in ipotesi, tra l’AOU di Ferrara e la sig.ra Marcigliano, così come il rapporto da c.d. “contatto sociale” si sarebbe instaurato, sempre in ipotesi, tra i medici intervenuti e la sig.ra Marcigliano.La tesi qui esposta è stata accolta ed applicata nella sentenza della Cassazione civile, sez. III, 8 maggio 2012 n. 6914, ove si afferma che la fattispecie del terzo che chieda il risarcimento del danno da sé stesso patito a causa dell'inadempimento della struttura ospedaliera nei confronti di un suo congiunto rientra nell'ambito della responsabilità extracontrattuale: l'ambito entro il quale la pretesa deve infatti essere ricondotta è“necessariamente” (afferma la Corte) quello aquiliano perché il comportamento tenuto dal debitore nell'attuazione del rapporto si atteggia, rispetto al terzo, non come “inadempimento” ma come un (qualunque) fatto illecito, con la conseguenza che spetta all'attore l'onere di provare la colpa della struttura e non si applica il termine di prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 c.c..Il suddetto principio è stato ribadito, ai fini dell’individuazione del termine prescrizionale, da Cassazione civile sez. III n. 5590 del 2015:“il termine di prescrizione applicabile al diritto per il quale si agisce discende
dal titolo. Al danneggiato che agisce per il danno diretto subito a seguito di un intervento chirurgico nei confronti della struttura sanitaria, la sentenza impugnata ha correttamente applicato il termine di prescrizione decennale, essendo la responsabilità della struttura sanitaria verso i propri pazienti inquadrata nell'ambito della responsabilità contrattuale. La stessa durata ha la prescrizione se il diritto al risarcimento si trasferisce, a causa del decesso della vittima, ai suoi congiunti ed eredi. Viceversa, il diritto che i congiunti vantano, autonomamente sebbene in via riflessa ad essere risarciti dalla medesima struttura dei danni da loro direttamente subiti a causa dell'esito infausto dell'operazione subita dal danneggiato principale, si colloca nell'ambito della responsabilità extracontrattuale e pertanto è soggetto al termine di prescrizione quinquennale previsto per tale ipotesi di responsabilità dall'art. 2947 c.c., non potendosi giovare del termine più lungo per far valere i propri diritti del quale gode il danneggiato principale in virtù del diverso inquadramento, contrattuale, del suo rapporto con il soggetto responsabile”.
Ancora recentemente, con la sentenza della III Sezione Civile della Corte di Cassazione n. 19188/2020, è stato ribadito, tra l’altro, il principio per cui il diritto al risarcimento del danno dei congiunti della vittima principale può essere vantato a titolo di responsabilità extracontrattuale della Struttura Sanitaria, e non già contrattuale.
Conseguenze in tema di legittimazione attiva (o di titolarità del rapporto)
La presente difesa eccepisce conseguentemente sin d’ora la carenza di legittimazione attiva del Ricorrente in relazione alla domanda di risarcimento dei danni qualificati iure proprio da responsabilità contrattuale.O, comunque, il difetto, nel merito, della titolarità attiva del rapporto giuridico controverso, per l'ipotesi in cui si ritenga che tale eccezione“involge una questione prettamente di merito, rispetto alla quale opera la consueta regola del potere dispositivo delle parti sotto il profilo, anzitutto, dell’onere della relativa allegazione (v. Cass., 3404/2012: “l’eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio, attenendo al merito, non è rilevabile d’ufficio, ma è affidata alla disponibilità delle parti e dunque deve essere tempestivamente formulata”)” (Tribunale Torino 3.1.2014, dott.ssa Tassone).
Conseguenza in tema di onere probatorio
Dall’inquadramento sopra richiamato, inoltre, si osserva che sarà onere del Ricorrente provare la colpa dei medici intervenuti (oltre agli altri elementi strutturali: condotta, evento lesivo, conseguenze pregiudizievoli, nesso di causalità materiale e giuridica).Si evidenzia tuttavia, che, anche nel caso in cui si ritenesse di qualificare come contrattuale la responsabilità in questione, resta fermo l’onere del Ricorrente di allegare le omissioni o le negligenze dei Sanitari convenuti astrattamente idonee alla produzione del danno (l'inadempimento c.d. 'qualificato'), nonché l'onere di provare il rapporto di causalità fra l'evento lesivo e le condotte colpose allegate, le conseguenze pregiudizievoli subite, nonché il rapporto di causalità tra l’evento e le conseguenze dannose (c.d. causalità giuridica).Sempre attesa la ritenuta natura contrattuale del rapporto, inoltre, deve ritenersi esclusa la risarcibilità dei danni non prevedibili ex art. 1225 c.c.
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Nesso di causalità materiale ed onere probatorio
Sempre in via preliminare la Resistente osserva che quanto al nesso causale, l’onere probatorio discende dai principi generali in materia secondo cui, comunque, “è il danneggiato che agisce per l'affermazione della responsabilità del medico, che ha l'onere di provare la sussistenza di un valido nesso causale tra fatto del sanitario e danno” (Cass. Civ. 18341 del 2013).
Principio ribadito anche dalla pronuncia della Cassazione civile, sez. III, 26/07/2017 n. 18392, secondo cui "ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, è onere del danneggiato provare il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre è onere della parte debitrice provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l'esatta esecuzione della prestazione; l'onere per la struttura sanitaria di provare l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile sorge solo ove il danneggiato abbia provato il nesso di causalità fra la patologia e la condotta dei sanitari" .
Tale principio va integrato con quanto recentemente statuito dalla III Sezione della Corte di Cassazione nella decisione 122/2020, per cui nell'accertamento della causalità materiale, il principio di prevalenza probabilistica (ovvero del "più probabile che non") deve essere applicato, con apprezzamento non isolato, bensì complessivo ed organico di tutti i singoli elementi indiziari o presuntivi a disposizione, atteso che il criterio di preponderanza probabilistica implica l’esclusione di circostanze alternative incompatibili (o quanto meno tali da inficiare in misura rilevante la probabilità logica della relazione causa-effetto) con quella che si intende riconoscere come fattore causale esclusivo dell'evento dannoso.
Senza inversione dell'onere della prova, la presente difesa rileva quindi innanzitutto la mancanza di fondate e precise allegazioni e di prova delnesso di causa nell’atto introduttivo del presente procedimento.
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Le difese della Resistente nel merito
La Resistente osserva che per quanto attiene i danni non oggetto di espressa domanda e di accertamento e quindi di esperimento del tentativo di conciliazione previsto dalla L. 24/2017, la presente procedura non potrà valere quale adempimento ai fini della procedibilità della domanda di merito.
Ciò premesso, la difesa della Resistente contesta qualsivoglia addebito e nega la sussistenza dei profili di responsabilità professionale dedotti da controparte, allegando le diagnosi, le consulenze mediche, le prescrizioni e le prestazioni sanitarie in genere e le terapie che risultano dalla documentazione sanitaria in atti, che costituisce atto pubblico dotato di rilevanza giuridica e di fede privilegiata e che ai sensi dell’art. 2700 codicecivile fa piena prova sino a querela di falso.
Si contesta pertanto ogni ricostruzione delle circostanze di fatto che non sia coerente con il dato documentale.
La difesa della Resistente allega che nelle procedure di assistenza messe in atto in favore della sig.ra Marcigliano nulla sia stato omesso od erroneamente eseguito che abbia potuto essere causa o anche solo concausa del decesso, ed espone quanto segue:
la signora Elisabetta Marcigliano è stata ricoverata presso Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia in data 15/8/18 con la diagnosi di ingresso algie addominali, neoformazione uterina di ndd in menopausa. La storia ginecologica riferisce 3 precedenti chirurgie per endometriosi, menopausa a 48 anni. Si segnala la presenza di un nodo di mioma già noto (definito lipoma nel 2015) della parete anteriore del corpo-fondo uterino (diametri 34x33x37). L’esame ecografico, eseguito in data 16/08, mette in evidenza un utero di volume sostanzialmente normale con la presenza di una formazione non vascolarizzata a carico della parete uterina anteriore (diametri 56x46x55mm). La tomografia assiale computerizzata (TAC), eseguita in data 15/8, conferma la presenza di un utero di dimensioni modicamente aumentate con formazione ovoidale a limiti netti con valori densitometrici assimilabili al tessuto adiposo (diametri 50x8x58 mm). In data 16/8, si esegue un esame isteroscopico in sedazione, che identifica: parete uterina anteriore lievemente improntata da verosimile neoformazione leiomiomatosa intra- murale, a carico della parete posteriore polipo di 1.5 cm, che si asporta e si invia per esame istologico. Risultato di quest’ultimo esame è un polipo ghiandolare endometriale atrofico-cistico. La paziente è stata dimessa in data 17/8, previa immissione in lista per intervento chirurgico (isterectomia).
Il secondo ricovero è avvenuto in data 05/09/18, con diagnosi di ingresso di neoformazione uterina ed intervento di istero-annessectomia bilaterale ed adesiolisi in laparoscopia. L’esame obiettivo ginecologico all’ingresso riporta: utero mediano, antiverso di volume appena aumentato, fornici posteriore ed anteriore dolenti, fornici laterali non dolenti, vagina percorribile cicatrici da accessi laparoscopici. L’intervento chirurgico è stato eseguito in data 06/09 (tempo chirurgico ore 9.30 – 11.50). Il decorso post-operatorio è stato privo di complicanze, per cui la paziente è stata dimessa in data 08/09. L’esame istologico, refertato sia da Anatomia Patologica Aziendale, sia come seconda opinione da Istituto Europeo di Oncologia, ha messo in evidenza: tumore mesenchimale dell’utero di non univoca interpretazione costituito da noduli di sarcoma a cellule rotonde con focale componente intra-vascolare, associato a prevalente componente di lipo-leiomioma atipico dissecante alla periferia i fasci miometriali.
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Quanto agli inadempimenti contestati da parte Ricorrente, si espone quanto segue:
IN MERITO ALLO STUDIO PRE-OPERATORIO DELLA NEOFORMAZIONE UTERINA DA CUI ERA AFFETTA LA SIG.RA MARCIGLIANOLa sig.ra MARCIGLIANO in data 15 agosto 2018 si recava presso il PS dell’AOU di Ferrara per “algie pelviche similmestruali da due giorni irradiate a zona lombare. Nega perdite atipiche...riferito fibroma, ecografia del 10/04/2015: verosimile lipoma uterino di 34x33x37 mm della parete anteriore del corpo fondo, segnalata precedentemente come mioma uterino, consigliata RMN non eseguita”, per cui con diagnosi di “algie addominali, neoformazione endouterina di ndd in menopausa” ricoverava presso l’UO di Ostetricia e Ginecologia.
Lo stesso 15 agosto, la sig.ra MARCIGLIANO era sottoposta ad indagine tomografica del torace e dell’addome con evidenza esclusiva di “in sedeendouterina si conferma presenza di formazione ovoidale (50x88x58 mm) a limiti netti, a densitometria disomogenea, caratterizzata da piccole areole ipodense periferiche con valori densitometrici assimilabili al tessuto adiposo ed areole sfumate di enhancement dopo infusione di m.d.c.”.
In data 16 agosto, i Curanti eseguivano ecografia trans-vaginale che confermava “formazione tondeggiante solida ad ecostruttura disomogenea, di 56x46x55 mm, non vascolarizzata, a carico della parete uterina anteriore. Tale formazione altera la morfologia e disloca la cavità endometriale” e procedevano ad isteroscopia (dott. Gennaro Scutiero) che evidenziava “Cavità: occupata da neoformazione polipoide...Mucosa: sottile, non atrofica...parete uterina anteriore lievemente improntata da verosimile neoformazione leiomiomatosa intramurale. A carico della parete posteriore polipo di 1.5 cm che si asporta”. Non era eseguita biopsia endometriale.
L’esame anatomo patologico del prelievo anatomico confermava “polipo ghiandolare endometriale atrofico-cistico”.In data 17 agosto 2018, ad esito del percorso diagnostico eseguito, era dimessa con indicazione a “lista operatoria per intervento di isterectomia”. Orbene, relativamente al percorso diagnostico della “neoformazione” motivo di accesso nosocomiale della sig. MARCIGLIANO del 15 agosto 2018 è possibile avanzare le seguenti considerazioni:
fibromiomi uterini sono i tumori ginecologici benigni con maggiore incidenza e prevalenza e rappresentano l’indicazione più diffusa all’isterectomia. Dopo i 50 anni si ritiene che la loro prevalenza si aggiri intorno al 70-80%. Per quanto riguarda il tasso di degenerazione neoplastica dei fibromiomi, non è ancora ben noto se i leiomiosarcomi e i tumori muscolari a malignità incerta (STUMP) originino prevalentemente dai fibromiomi, la loro incidenza è comunque molto bassa (0.22-0.49%) e non esistono ancora criteri diagnostici certi.
Le Linee Guida in materia, relativamente al percorso diagnostico dei leiomiomi uterini, essendo questa l’ipotesi diagnostica della neoformazione, prevedono l’esecuzione di ecografia, risonanza magnetica ed isteroscopia. Nella comune pratica ecografica bisogna differenziare il leiomioma o fibromioma uterino, dall'adenomiosi e dalla più rara patologia maligna miometriale (leiomiosarcomi) che pone ancora oggi, notevoli problemi di diagnostica differenziale.
L'aspetto ecografico del fibromioma uterino è quello di una formazione rotondeggiante, variabile da ipoecogena ad iperecogena, in base allaquantità della componente muscolare liscia o connettivale. L’ecogenicità è varia e possono essere presenti delle iperecogenicità interne alla lesione. I margini sono in genere netti, spesso iperecogeni, ben differenziabili dal miometrio circostante. Utilizzando il color o il power Doppler è possibile visualizzare un flusso circonferenziale attorno alla lesione. Non è presente solitamente vascolarizzazione interna o, al più, possono essere osservati pochi vasi irregolari. Una degenerazione cistica o mixoide può svilupparsi dando luogo ad un’area cistica ipoecogena con un contenuto fluido o mixoide.
Gli studi relativi ad una diagnosi di leiomiosarcoma uterino con l’esame ecografico sono scarsi e basati maggiormente su studi retrospettivi numericamente poco consistenti, precludendo la possibilità di avere delle linee guida definitive.
I leiomiosarcomi uterini si presentano come lesioni puramente miometriali e sono tipicamente dei tumori singoli e di grandi dimensioni. Macroscopicamente il leiomiosarcoma è molto variabile, potendo essere una formazione intramiometriale costituita da un parenchima grigiastro con numerose aree emorragiche e di necrosi, una formazione che aggetta in cavità uterina simil polipoide o in caso di tumori ben differenziati molto simili ad un leiomioma. Istologicamente la diagnosi differenziale tra un leiomiosarcoma ben differenziato e un leiomioma può essere difficile e si basa sul grado di attività mitotica, cellularità e pleomorfismo. Le loro caratteristiche ecografiche possono non essere distinte da quelle dei fibromi abituali o possono apparire come una massa vascolarizzata irregolare con un contorno regolare o irregolare spesso con aree anecogene irregolari causare dalla necrosi colliquativa.
Elementi di sospetto ecografico per un leiomiosarcoma possono essere la presenza di fibroma singolo di dimensioni grandi, la presenza di ampie e numerose aree di colliquazione e di ampia neovascolarizzazione specialmente a livello centrale. Altri elementi di sospetto ecografico possono essere la rapida crescita e l’invasione di organi vicini.
È stata recentemente pubblicata una delle più ampie casistiche retrospettive sulla diagnosi ecografica di sarcoma: i sarcomi tipicamente apparivano come masse solide, isolate, di grandi dimensioni (diametro massimo mediano 91 -range 7-321- mm), ad ecogenicità disomogenea, talvolta contenenti aree cistiche (generalmente irregolari), prive di cono d’ombra e calcificazioni.
Sebbene la maggior parte dei sarcomi risultassero moderatamente o ben vascolarizzati, 1/3 di essi mostravano vascolarizzazione minima o assente. Il 14% dei sarcomi erano stati descritti con caratteristiche ecografiche tipiche dei miomi benigni, e il 20% erroneamente classificati come tali dall’ecografista.
Nella vicenda in valutazione si deve rilevare l’assenza di tali elementi “di sospetto”, per cui sotto il profilo ecografico la neoformazione manifestata dalla sig.ra MARCIGLIANO non consentiva ex ante di presentare elementi diagnostici che potessero indirizzare i Curanti nella diagnosi di leiomiosarcoma.
Si deve rilevare come l’esecuzione di risonanza magnetica sia considerata un’indagine di secondo livello nella diagnostica dei leiomiomi, indicata per le forme atipiche, in rapido accrescimento con aspetti morfostrutturali peculiari, ovvero per lesioni voluminose, o per la valutazione di trattamento con embolizzazione o ultrasuoni.Anche nell’ambito dello studio di risonanza magnetica, comunque, il “sospetto” di sarcoma deriva dall’identificazione di eventuali segni secondari (infiltrazione delle strutture circostanti, trombosi venose, linfoadenopatie, ascite, diffusione peritoneale, idroureteronefrosi).
In tal senso, si ricorda che le Linee Guida di riferimento ritengano di raccomandare la risonanza magnetica come ausilio per la diagnosi differenziale tra mioma e leiomiosarcoma con livello di evidenza III-B, che equivale a “prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi” e “si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba sempre essere raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata”.
Infine, per quanto concerne l’isteroscopia, essa consente di valutare la localizzazione, le dimensioni, la consistenza, la profondità di invasione miometrale, la vascolarizzazione di superficie, le caratteristiche dell’endometrio e la presenza di patologie associate (p. es. polipi), finalizzata alla scelta della modalità di trattamento.
Talché, il percorso diagnostico impostato dai Curanti presso l’UO di Ostetricia e Ginecologia dell’AOU di Ferrara deve essere considerato corretto e proporzionato per la valutazione della natura della neoformazione uterina manifestata dalla sig.ra MARCIGLIANO, posto che non vi erano elementi indicativi o anche solo suggestivi per la diagnosi differenziale tra mioma e leiomiosarcoma, essendo il quadro strumentale, clinico ed isteroscopico indicativo per patologia benigna.
La diagnosi definitiva di sarcoma uterino è ineludibilmente istologica. I riscontri pre e postoperatori hanno una limitata attendibilità nello stimare la probabilità che una massa uterina sia maligna.Si deve, infine, particolarmente rigettare la critica avanzata dalla Parte Ricorrente inerente all’omissione di biopsia endometriale durante laprocedura isteroscopica del 16 agosto 2018, poiché tale indagine, non indicata, non avrebbe condotto ad alcuna identificazione diagnostica di leiomiosarcoma, essendo la lesione a localizzatone miometriale intramurale, quindi oltre la “portata” di una biopsia endometriale. La biopsia endometriale, infatti, rileva il sarcoma solo il 35-50% delle volte (presumibilmente quando il sarcoma sta erodendo nell'endometrio), quindi una biopsia negativa non esclude la diagnosi di sarcoma.
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IN MERITO ALL’INDICAZIONE ED ALLA TECNICA CHIRURGICA DELL’INTERVENTO
DEL 16 AGOSTO 2018
A seguito dell’adeguato inquadramento diagnostico, veniva programmato il ricovero per il trattamento chirurgico della sig.ra MARCIGLIANO in data 5 settembre 2018 presso l’UO di Ostetrica e Ginecologia dell’AOU di Ferrara, ove in data 6 settembre era sottoposta ad intervento con tecnica laparoscopica.
La scelta del trattamento chirurgico mediante isterectomia deve essere considerata adeguata e corretta, in relazione alle evidenze patologiche disponibili ex ante.L’isterectomia, del resto, è l’intervento di scelta nei fibromi uterini sintomatici in donne al termine del percorso riproduttivo, che si associa a minore morbilità postoperatoria.
Il verbale di intervento precisa “utero a morfologia irregolare e di dimensioni aumentate per la presenza della nota neoformazione uterina di circa 6 cm a carico della parete anteriore dell’utero...non lesioni macroscopicamente evidenti in addome...colpotomia cricolare. Estrazione del pezzo operatorio per via vaginale con morcellazione”.
L’esame anatomo patologico con responso del 26 ottobre 2018 attesta “corpo uterino pervenuto marcatamente lacerato...all’apertura la cavitàuterina è completamente occupata da formazione grigia-giallastra di aspetto plurinodulare di cm4x2.3, solida con aree di aspettogelatinoso...pervengono inoltre alcuni frammenti tissutali grigio-giallastri, in parte, di consistenza gelatinosa, il maggiore di cm 4x3x2...Tessutomesenchimale dell’utero, di non univoca interpretazione, costituito da noduli di sarcoma a cellule rotonde, del diametro maggiore di circa 1cm, con atipia a medio grado, attività mitotica nell’area più cellulata (5 mm di diametro) pari a 15 mitosi per 10HPF su 40 campi ed attività proliferativa (Ki- 67) pari al 25-30% nelle aree più cellulate, con focale componente intravascolare associato a lipoleiomioma atipico dissecante alla periferia ifasci miometrali”.
Stante il complesso quadro patologico, in data 11 ottobre 2018 veniva richiesta “second opinion” presso il Centro IEO di Milano che confermava “il sarcoma, presenta due caratteristiche nell’ambito dei sarcomi stromali endometriali, quali la presenza di arteriole spiraliformi e la isolatacomponente tipo “miosi stromale endolinfatica”. Tuttavia, non è riconoscibile una tipica componente di sarcoma stromale endometriale di basso grado e la morfologia a cellule rotonde è abbastanza aspecifica. D’altro canto, non c’è una separazione netta tra componente leiomiomatosa e i noduli di sarcoma e, sino ad ora, non è stata dimostrata una differenziazione muscolare liscia nei casi sarcomi stromali di alto grado tipo YWHAE-NUTM2...positivo per WT1, actina e desmina nella componente ben differenziata di tipo leiomiomatoso; positivo per S100 negli adipocitimaturi”.
Orbene, la vicenda clinica della sig.ra MARCIGLIANO è paradigmatica per la diagnosi “incidentale” di sarcoma uterino, quale evidenza post- operatoria rispetto alla diagnosi preoperatoria di leiomioma.Il numero delle neoplasie morcellizzate è difficile da quantificare, ma recenti lavori stimano la prevalenza di leiomiosarcoma occulto diagnosticato dopo intervento per presunto mioma tra 0.12 e 0.51 su 1000 procedure, ossia circa 1 su 2000-8300 chirurgie. Uno studio condotto su 4232 isterectomie eseguite per indicazioni benigne negli USA ha evidenziato che il rischio di un sarcoma inatteso era 0.35% nelle donne in premenopausa e 0.57% in quelle in postmenopausa.
Al pari, la vicenda si connota per l’acceso dibattito scientifico inerente alla procedura di morcellazione o frammentazione dell’utero duranteisterectomia per leiomiomi uterini: relativamente a questa tecnica vi è un intenso dibattito per la possibilità di disseminazione tumorale e l’impossibilità di ottenere il pezzo anatomico integro da analizzare.
Brevemente si ricorda come l’evidenza del rischio di disseminazione di sarcoma nell’eseguire la morcellazione nelle fasi di isterectomia per iltrattamento di miomi sia stata segnalata nel 2014 con “alert” da parte della Food and Drug Administration, dell’American Association of Gynecologic Laparoscopists e dell’American College of Obstetricians and Gynecologists. La Ditta Johnson e Johnson lo stesso 2014 emetteva una nota relativa ai Dispositivi di Morcellazione Ethicon, poiché “la morcellazione laparoscopica a motore comporta un rischio di diffusione insospettato del tessuto canceroso, in particolare sarcomi uterini, al di fuori dell’utero”.
Nella vicenda in valutazione, tuttavia, presso l’UO di Ostetrica e Ginecologia in occasione dell’intervento del 6 settembre 2018 non veniva utilizzato il morcellatore “a motore” (o “power”), ma la morcellazione avveniva esclusivamente mediante lama fredda.
Viene meno, pertanto, l’intero impianto su cui si fondano le tesi della Parte Ricorrente.Invero, dall’analisi della Letteratura emerge chiaramente che dati sul peggioramento della prognosi dopo morcellazione di sarcoma sono scarsi, contraddittori e tutti retrospettivi. Ci si basa sostanzialmente sulla metanalisi AHRQ del 20175, dove la sopravvivenza attesa a 5 anni è del 30% “power morcellation” o morcellazione meccanica non utilizzata nella vicenda in valutazione; del 59% “scalpel morcellation”, come eseguito con lama fredda nella vicenda in valutazione; del 60% in assenza di morcellazione. Quindi, in sostanza, sotto il profilo statistico risulta che esclusivamente l’isterectomia con morcellazione meccanica determina un peggioramento del rischio correlato all’eventuale presenza di sarcoma in luogo di mioma uterino.
Del resto, in uno studio specifico in pazienti sottoposte a isterectomia con morcellamento a lama fredda ed estrazione vaginale, non si rilevanodifferenze prognostiche rispetto all’estrazione di utero intatto, con particolare riguardo alla sopravvivenza a seguito della diagnosi di sarcoma.Talché, in relazione alla modalità di esecuzione tecnica dell’intervento del 6 settembre 2018, relativamente alla tecnica di morcellazione con lama fredda specificamente utilizzata, si deve rilevare l’assenza di un concreto incremento del rischio di diffusione del tumore “incidentale” ascrivibile a sarcoma uterino da cui era affetta la sig.ra MARCIGLIANO, così come l’assenza di un peggioramento prognostico.In riferimento alla morcellizzazione con endobag così da ridurre il rischio di eventuale disseminazione di frammenti tissutali in addome nel caso di malignità occulta, la sicurezza della morcellizzazione in un endobag isolato è ancora discussa, e non può essere considerato parametro di critica.
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IN MERITO ALLA NEOPLASIA DA CUI ERA AFFETTA LA SIG.RA MARCIGLIANO ED ALLA SOPRAVVIVENZA
La sig.ra MARCIGLIANO era affetta da sarcoma uterino (ascrivibile al gruppo dei leiomiosarcomi), come precisato dalla diagnosi anatomo patologica post-operatoria, la cui disponibilità da parte dei Curanti era esclusivamente al 26 ottobre 2018. Del resto, come previsto dalle Linee Guida in materia (AIOM), è raccomandata la centralizzazione della diagnosi patologica o la revisione dei preparati presso Servizi di Anatomia Patologica con sufficiente expertise, come occorso nella vicenda in valutazione, motivo un relativo incremento dei tempi diagnostici.
Nello specifico, pertanto, nell’ambito della lettera di dimissione redatta in data 8 settembre 2018, i Curanti dell’UO di Ostetrica e Ginecologia nonpotevano in alcun modo avere contezza della diagnosi istologica definitiva, a dispetto della scheda SDO, che viene compilata esclusivamente ad esito di tutte le indagini disposte durante il ricovero.
I sarcomi dell’utero sono tumori rari rappresentando dal 3 al 7% dei tumori uterini e il 1-3% dei tumori del tratto genitale femminile. L’incidenza annuale è < 2 casi /100 000 abitanti. L’età media di manifestazione è di 56 anni. Istologicamente i sarcomi uterini sono classificati in leiomiosarcomi (60%), sarcomi dello stroma endometriale (10-15%), sarcomi indifferenziati (5-10%) e adenosarcomi (10%).
La diagnosi di sarcoma dell’utero è quasi sempre definita postoperatoriamente con l’esame istologico definitivo, a causa della mancanza di aspetti tipici che li differenzino radiologicamente da altre forme neoplastiche benigne o maligne dell’utero.
I leiomiosarcomi sono tumori molto aggressivi ed hanno una prognosi grave anche quando sono confinati nell’utero. La percentuale di recidive è del 53- 71%. La prima sede (40%) di ricaduta sono i polmoni. La ricaduta pelvica riguarda il 13% dei casi.
La sopravvivenza a 5 anni è del 51-76% nello I stadio e 25%-60% nello stadio II, mentre pressoché tutte le pazienti con tumore al di fuori della pelvi muoiono entro 5 anni con sopravvivenza mediana dalla diagnosi di 10 mesi. Orbene, a fronte dei dati statistici ricordati, emerge come la specifica neoplasia da cui era affetta la sig.ra MARCIGLIANO determinava la recidiva di malattia a partire dal 4 maggio 2020, ovvero a distanza di circa venti mesi dall’intervento di isterectomia e dalla diagnosi di sarcoma uterino, coerentemente con la storia naturale della malattia, indipendentemente dalla modalità di isterectomia.
Pertanto, il complesso ed infausto percorso terapeutico che seguiva la diagnosi e la recidiva di sarcoma uterino nella sig.ra MARCIGLIANO ricalca l’usuale evoluzione prevista nell’ambito statistico-prognostico, senza rilevante discostamento rispetto alla modalità diagnostica, sinoall’inevitabile decesso occorso in data 20 luglio 2021, a distanza di circa tre anni dalla diagnosi.
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Per scrupolo difensivo, si contesta altresì che nella fattispecie vi sia stata una violazione del diritto all’autodeterminazione e, fatta salva ogni ulteriore e più analitica deduzione in proposito, si richiama sin d’ora l’autorizzazione all’intervento presente in cartella clinica.
In conclusione, la domanda del Ricorrente dovrà pertanto essere rigettata per assenza di causalità materiale o, comunque, per assenza di prova del nesso di causalità materiale, prima ancora che per assenza di colpa. In ogni caso, non si evidenziano profili di responsabilità professionale in capo ai Sanitari che ebbero in cura la sig.ra Marcigliano.
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Sul quantum debeatur:
La Resistente contesta le richieste formulate dal Ricorrente anche sul quantum debeatur ed osserva che per stabilire il danno risarcibile si dovrà comunque muovere da un'attenta selezione delle sole conseguenze pregiudizievoli causalmente riconducibili all'accertanda condotta colposa dei Sanitari della parte Resistente, e correlativa esclusione di quelle conseguenze che comunque si sarebbero prodotte per patologie o cause preesistenti.
Inoltre, si annota che il danno subito dalla vittima, nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo, è astrattamente configurabile e trasmissibile agli eredi esclusivamente nella duplice componente: di danno biologico "terminale", ossia di danno biologico da invalidità temporanea assoluta; e di danno morale, consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assista allo spegnersi della propria vita, e quindi nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall'avvertita imminenza dell'exitus, se nel tempo che si dispiega tra la lesione e il decesso la persona si trovi in una condizione di "lucidità agonica", in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l'imminenza della morte.
Parte ricorrente sarà tenuta quindi sia a fornire la prova della sussistenza dei presupposti e della durata del danno biologico terminale, sia dei presupposti per il risarcimento del danno morale, o da lucida agonia. Quanto al danno da perdita del rapporto parentale, questa difesa sottolinea come, secondo quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 28989 dell’11 novembre 2019, il risarcimento del danno da perdita, o lesione, del rapporto parentale dovrà essere verificato dal Giudice sulla base delle evidenze probatorie complessivamente acquisite. Rimanendo, in ogni caso, fermi i principi che presiedono all’identificazione delle condizioni di apprezzabilità del danno, nel senso di una rigorosa dimostrazione della gravità e della serietà del pregiudizio e della sofferenza patita dal danneggiato, tanto sul piano morale soggettivo, quanto su quello dinamico-relazionale.
Si richiamano i principi generali in materia probatoria, rilevando che il danno da perdita del rapporto parentale consiste nella privazione di un valore non economico, costituito dalla irreversibile perdita del godimento del congiunto, dalla definitiva preclusione delle relazioni interpersonali, secondo le varie modalità con le quali normalmente si esprimono nell’ambito del nucleo familiare. Esso è elemento ulteriore, rispetto all'evento morte, ed è fatto costitutivo del diritto al risarcimento del danno stesso: “Se sussiste solo il fatto lesivo, ma non vi è un danno-conseguenza, non vi è l'obbligazione risarcitoria” (Cass. Civ. 15383 del 2006); cfr. anche Corte Cost. 27.10.1994, n. 372: “nella struttura della responsabilità civile, quale delineata dall'art. 2043 c.c., non c'è risarcimento se non c'è perdita”. In quanto tale, deve pertanto essere dedotto e dimostrato in concreto dagli attori: “in tema di risarcimento del danno da responsabilità aquiliana (sia esso patrimoniale che non patrimoniale) occorre che sia provata l'esistenza di questo danno di cui si chiede il risarcimento, non potendo ritenersi che il danno sia in re ipsa, cioè coincida con l'evento, poichè il danno risarcibile è pur sempre un danno conseguenza anche nella responsabilità aquiliana, giusti i principi di cui agli artt. 2056 e 1223 c.c. e non coincide con l'evento” (Cassazione civile, sez. III, 30 aprile 2009 n. 10120).
Il ricorso alla prova presuntiva non vale infatti ad escludere la necessità di dimostrare positivamente in giudizio se ed in quale misura la perdita del congiunto abbia inciso sullo svolgimento del rapporto; e dunque quanto intenso fosse il legame che lo avvinceva ai congiunti, quali fossero i concreti ambiti di vita “condivisa”; quali i “percorsi” seguiti insieme e quali quelli interrotti dalla morte. Occorre infatti considerare che a livello teorico i vincoli affettivi si presumono esistenti nell’ambito di un nucleo familiare stabile e convivente. Non si tratta, tuttavia, di una relazione necessitata ben potendosi ipotizzare, all’interno della stessa famiglia, l’esistenza di rapporti di convivenza connotati da profondi dissidi, quando non odii interpersonali o, al contrario rapporti di non convivenza basati su relazioni affettive molto intense. In altri termini il danno in questione, incidendo esclusivamente sulla psicologia, sugli affetti e sul legame parentale esistente tra la vittima dell’atto illecito e i superstiti non è riconoscibile se non attraverso elementi indiziari e presuntivi, che, opportunamente valutati, con il ricorso al criterio della normalità, possano determinare il convincimento del giudice (Cass, civ. 15.7.2005 n. 15019). Tant'è che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che “la mera titolarità di un rapporto familiare non può essere considerata sufficiente a giustificare la pretesa risarcitoria, occorrendo di volta in volta verificare in che cosa il legame affettivo sia consistito e in che misura la lesione subita dalla vittima primaria abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo svolgimento” (Sezioni Unite sent. n. 9556 del 2002).
Quanto, in particolare, alla liquidazione eventuale del suddetto danno, la presente difesa richiama i principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità a partire dalla nota sentenza n. 10579/2021.Si contesta altresì la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, sia relativamente al rimborso delle spese sopportate, di cui dovrà essere fornita la prova di aver effettivamente sostenuto gli esborsi di cui viene chiesto il risarcimento, nonché la prova della loro congruità e della necessità e pertinenza, sotto il profilo causale; sia per quanto attiene il danno per la perdita degli apporti economici della sig.ra Marcigliano, la cui prova incombe sul ricorrente.
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Qualora la S.V. Ill.ma dovesse ritenere ammissibile l’accertamento richiesto da parte ricorrente, la difesa della parte Resistente chiede che il quesito ai Consulenti del Giudice venga circoscritto alla verifica della sussistenza degli inadempimenti che vengono contestati in modo specifico dal Ricorrente ed alla loro rilevanza causale rispetto ai danni lamentati, poiché in caso contrario avrebbe carattere esplorativo, che venga indagata l’aspettativa di vita della sig.ra Marcigliano in considerazione della patologia da cui era afflitta (leiomiosarcoma) ed esperito il tentativo di conciliazione previsto dall’art. 696 bis cpc.
Infine, si nomina sin d’ora quale Consulente di parte:il dott. Lorenzo Marinelli, medico legale, (...). Riservata la nomina del Consulente specialista. Si producono i seguenti documenti:
1) Copia ricorso
2) Cartella clinica
La presente memoria non comporta modificazione del valore della
domanda iniziale, né viene formulata istanza di chiamata in causa di terzi o domanda riconvenzionale.Con osservanza. Torino 10 luglio 2023
Avv. Paolo Salvini

